La
Befana
La
Befana è una tipica figura tipicamente italiana.
Il
suo nome deriva dalla parola epifania, la festività religiosa
alla quale è collegata.
Questa
figura è molto popolare in tutta la penisola,
anche
se il termine quasi certamente deriva da una parola di origine
toscana.
Nella
notte tra il 5 e il 6 gennaio la vecchietta, che si muove
volando su una scopa,
scivola
nei camini con il suo capace sacco pieno di doni per i bambini
buoni e di carbone
per
quelli che durante l’anno appena trascorso si sono comportati
male,
e
sistema i medesimi nelle calze appese vicino ai letti.
LE
ORIGINI DEL PERSONAGGIO
Personaggio
mitico, questa creatura ha origini molto antiche.
Ad
esempio, in Grecia, era la dea Hera a percorrere il cielo
portando
doni e abbondanza durante dodici notti solstiziali.
Era,
legata a Diana, patrona della stregoneria,
era
la dea notturna per eccellenza,
che
soprintendeva al noto “Corteo di Diana”, in cui le donne
compivano i loro sortilegi.
Donne
che, dopo l’avvento del Cristianesimo, vennero considerate
pagane, malvagie e dissolute.
Questa
decadenza spiega anche, con tutta probabilità, l’aspetto
attuale delle Befane:
donne
brutte e sdentate, dai capelli arruffati e coperte di miseri
stracci,
proprio
come le streghe che ben conosciamo.
I
RITI DELL'EPIFANIA
Anticamente
la notte dell’Epifania era l’occasione
per
praticare tutta una serie di riti apotropaici.
Ancora
oggi è diffusa l'usanza di “ardere la vecchia”:
un
enorme pupazzo, composto da legna, stracci e fascine, di forma
umana,
viene
posto su di una pila di legna e dato alle fiamme.
La
figura della “vecia” era anticamente una specie di capro
espiatorio
per
esorcizzare tutto il male e per propiziarsi l’abbondanza e la
fertilità dei campi.
Con
la distruzione della vecchio nell’immaginario popolare
(forse
un antico retaggio di sacrifici umani o animali)
si
intendeva rappresentare la fine di tutti i mali.
In
alcune località del Veneto e del Friuli si lanciano delle ruote
di legno incendiate
lungo
i pendii dei monti; il rito viene detto “rito della stella”,
perché
anticamente le ruote rappresentavano la corsa del sole nel
cielo.
Nel
trevigiano era in uso fino a pochi decenni fa la tradizione
della “notte del panevin”.
Si
accendevano grandi fuochi, appiccati dai bambini più piccoli
del paese,
e
tutti prendevano a danzare attorno al falò intonando un canto.
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